I bambini giocano, piangono, ridono, corrono, hanno un collegamento diretto tra quello che provano
e quello che esprimono. L’educazione sociale che li accompagna nel crescere li porta sempre più a
domare quello che sentono e quello che manifestano, col risultato che, quando diventano adulti,
molto spesso hanno difficoltà a contattare le proprie emozioni, e tanto più a trovare il modo e il
contesto per esprimerle. Eppure queste non hanno smesso di esistere dentro di loro!
Ognuno di noi è un ex-bambino, e quella parte di sé sensibile, giocosa, capricciosa, autentica,
vulnerabile nei confronti delle proprie emozioni, se la porta dentro. Nell’ambito di alcuni approcci di
psicologia si parla di “bambino interiore”, e di come il ritrovare un contatto con lui possa giovare al
benessere della persona.
Molto spesso i malesseri psicologici, psicosomatici o esistenziali, derivano da una perdita di
contatto con i propri bisogni e con le proprie emozioni. Una strada possibile per ritrovare un
equilibrio sereno passa quindi dal ritrovare un dialogo con le parti di sé inascoltate.
I linguaggi creativi, come il disegno, la musica, il movimento libero, il gioco dei ruoli del teatro,
facilitano questo avvicinamento perché parlano la lingua delle emozioni: quella stessa che utilizzano
i bambini. In realtà sono forme di espressione che appartengono alle primissime esperienze di vita di
ognuno di noi. Nell’utero il feto percepisce il mondo attraverso i suoni ed è cullato dal ritmo del
respiro e del cuore della mamma. Nei primi tempi di vita l’unico modo che il bimbo ha per esprimere
i propri bisogni vitali è l’emissione di suoni (ad es. piangendo per richiedere accudimento). La
relazione con la mamma è innanzitutto fisica, fatta di contatto (“dialogo tonico-emozionale”), e poi
man mano di scambi di espressioni, suoni, gesti. Nel crescere il bambino esplora il mondo tramite il
contatto (tocca, manipola, assaggia…), e lo sviluppo fisco e motorio accompagna quello delle sue
capacità del pensiero.
Il movimento, il dialogo attraverso i gesti e i suoni, le impressioni che lasciano i colori, le forme,
l’esplorazione del mondo attraverso i sensi, sono quindi le prime forme di esperienza, di
espressione e di relazione dell’essere umano. Il linguaggio verbale compare solo molto dopo, ed è
molto più complesso ed elaborato!
Facendo tesoro di questi presupposti si sono sviluppate, da ormai quasi un secolo, le arti terapie. A
seconda dell’approccio si privilegia l’uso del movimento (danza-movimento terapia), della
manipolazione di materiali e colori (arte terapia plastico-pittorica), dei suoni e della musica
(musicoterapia) o altro… L’obiettivo in comune è quello di promuovere salute e benessere. Altri
aspetti in comune sono: la creatività, l’uso privilegiato del linguaggio non verbale, la dimensione
ludica, l’importanza della relazione. Il processo creativo stimola la persona a rigenerarsi e a
riscoprire le proprie risorse. Il fatto di esprimere se stessi in modi diversi dalle parole consente
spesso di sbloccare situazioni irrisolte e di trovare il modo di trasformarle, senza dover parlare
direttamente del problema. Spesso si lavora in gruppo, per favorire uno scambio autentico e di
reciproco arricchimento tra le persone. La dimensione ludica permette di staccare dal quotidiano e
quindi di ricaricarsi.
Le arti terapie sono utilizzate in molti contesti, per curare o prevenire problemi di vario tipo (di
salute, psicologici, relazionali, sociali). Al tempo stesso sono uno strumento accessibile e valido per
chiunque desideri dedicare un pò di tempo a coltivare il proprio benessere.

Pubblicato su Okkio, periodico bimestrale, Anno II, settembre 2010