Il termine ecologia oggi è di uso diffuso, grazie alle campagne di sensibilizzazione
degli ambientalisti, e purtroppo anche grazie all’uso smodato della pubblicità, che
utilizza ormai i suffissi “eco” e “bio” per vendere qualsiasi cosa.
Nel linguaggio comune si intende per ecologico un comportamento che comprende il
rispetto dell’ambiente, lo sviluppo sostenibile, la gestione equilibrata delle risorse.
Credo sia abbastanza evidente e sotto gli occhi di tutti la difficoltà comune ad
adottare un modus vivendi eco-logico: nel nostro piccolo, nel nostro quotidiano,
continuiamo ad usare un’enormità di buste e imballaggi di plastica, a preferire la
macchina alla bicicletta anche per spostamenti piccoli, ad abusare dell’aria
condizionata, a lasciare mozziconi di sigarette sulle spiagge e ovunque altro sia
possibile… Continuiamo ad adottare comportamenti senza tenere in considerazione le
conseguenze che possono avere sull’ambiente, come se la cosa non ci riguardasse,
come se la nostra vita non dipendesse da questo (qualità dell’aria, dell’acqua, del cibo
che mangiamo…) L’essere umano al giorno d’oggi si comporta come un bambino
piccolo che succhia avidamente il seno della madre considerandolo inesauribile: “la
mamma mi da tutto, la mamma accetta tutto, la mamma ci sarà sempre per me”.
La verità è ben altra, e gli ambientalisti lo stanno urlando a gran voce ormai da
tempo: la natura accoglie, rigenera e nutre, ma entro certi limiti, e rispettando certi
tempi. La natura è fatta di ritmi, di cicli, che è necessario rispettare perché ne sia
possibile uno sviluppo armonico.
Per l’essere umano moderno sembra essere molto difficile integrare questa
prospettiva ecologica, e questo è evidente su tutti i piani della sua vita. In realtà, il
modo in cui tratta l’ambiente, non è che il riflesso di come tratta se stesso!
La nostra società è improntata sull’iper-produttività, ed ecco che ognuno di noi si
trova a dover produrre al massimo delle proprie possibilità (se non oltre), attingendo
in modo esasperato alle proprie risorse, come se queste fossero inesauribili. Quello
che comunemente chiamiamo stress 1
non è altro che questo: l’esasperazione del nostro sistema neurofisiologico a cui chiediamo
di essere costantemente all’erta, senza rispettare i tempi di recupero.
Il corpo per funzionare in modo equilibrato ha bisogno di funzionare rispettando dei
ritmi, dei cicli in cui si alternano il produrre e il rigenerare, l’attività e il riposo:
proprio come la natura! Lo stress invece comprime il tempo: il tempo del riposo, il
tempo della relazione, il tempo da dedicare a se stessi, persino il tempo del respiro! [ 2. lo stress tipicamente si riflette in un respiro costretto, in cui si perde l’armonica alternanza tra inspirazione ed
espirazione.]
Quando siamo costantemente sotto pressione o in attività, la nostra salute fisica
ne risente, così come anche quella psichica, e di conseguenza anche la qualità
delle nostre relazioni.
E’ il sistema economico e sociale che spinge il limite, ma l’individuo ha la possibilità
di tutelarsi e di coltivare il proprio benessere prendendosene la responsabilità,
investendo sulla propria salute psicofisica e sulla qualità della propria vita in modo
costante.
Prendendosi cura di se stessi, di una propria “igiene mentale ed emotiva” sarà
inoltre possibile incontrare l’altro in modo “pulito”, non inquinato da pressioni
vissute altrove, non mossi dalla carenza affettiva e dunque dal bisogno, ma dal
desiderio di scambio. Per usare una metafora: se teniamo il nostro ambiente interno
pulito, occupandoci con amore e costanza di buttare la spazzatura, di dare sole e
acqua alle piante, di far circolare l’aria, potremo incontrare l’altro in modo arioso e
luminoso, piuttosto che riportando scarti, buio e aria stantia!

Pubblicato su Okkio, periodico bimestrale, N. 05, Anno II, Novembre 2010

  1. Il termine esatto per riferirsi allo stress negativo è distress